La Serie A, il campo, la pandemia, l’impegno, il futuro

Nella stagione più difficile della storia della Pro Recco Rugby in Serie A, che dura ormai da quasi diciotto anni, nessuno può spiegare meglio di chi le ha vissute in campo tutte quante (più due in Serie B e la promozione) questo campionato e il periodo che sta attraversando il club: Davide Noto, classe 1983, tallonatore di grande talento e tecnica, bandiera, punto di riferimento e memoria storica di campionati, giocatori, emozioni, vittorie e sconfitte.

Davide, cosa manca a questa squadra?

Mancano certamente figure di rilievo ed esperienza in alcuni ruoli chiave che prima erano ricoperti da ragazzi sia liguri che venuti da fuori che per diversi anni avevano assicurato un ottimo livello: ora siamo senza esperienza e con alcuni giocatori che sono stati spostati da altri ruoli e dunque ci vuole tempo. Rispetto a prima e rispetto ai nostri avversari paghiamo anche un gap a livello fisico e atletico: abbiamo molti giovanissimi ancora acerbi fisicamente e diversi ragazzi che hanno sempre giocato a livello amatoriale e per tutti loro è la prima stagione in Serie A, con anche l’aggravante di un anno e mezzo di stop per il covid, che ci ha tolto quasi due campionati, li ha tolti ai ragazzi che dalle giovanili si sono trovati proiettati in Prima Squadra saltando una categoria e, inevitabilmente, ha inciso sull’intensità e l’efficacia della preparazione atletica di tutti. Con una stagione iniziata dopo il lungo stop e ancora con tante incognite legate alla pandemia, con l’ulteriore problema del campo e con un nuovo allenatore, si è scelto di far fare esperienza ai giovani, di ridurre le spese e di ricominciare tutti insieme a far vivere il club, le giovanili, le mille dinamiche che avevamo perso: dobbiamo tenere duro e i frutti arriveranno, anche se certo ora è dura per tutti noi.

Che cosa, invece, non manca?

La grinta, la voglia, la determinazione: di queste ne abbiamo a secchiate. La voglia di ripresentarsi sempre in campo anche dopo ogni sconfitta e di cercare di migliorare sempre.

Ai tanti giovanissimi ed esordienti in Serie A di quest’anno, cosa racconti degli anni delle tre finali?

Loro ora stanno vivendo un momento difficile, ma devono sempre ricordare che quei campionati e le finali sono stati giocati da ragazzi come loro, con alla base l’impegno e la grinta di tutti. Anche allora non avevamo tanti ragazzi da fuori e in quelle stagioni sono cresciuti e maturati tanti nostri ragazzi che, andando ad aggiungersi ai pochi professionisti di livello, hanno creato una perfetta combinazione di gruppo, attaccamento alla maglia, voglia, grinta, qualità e risultati. La cosa importante che i giovani di ora devono capire è che tutto questo non è un qualcosa di impossibile da ricreare, anche se ora sembra lontano anni luce: non ci siamo mai snaturati, neanche allora, e quindi tornare ad alzare il nostro livello è assolutamente possibile, con il lavoro e l’impegno di tutti.

Quanto incide su questo difficile campionato la mancanza del nostro campo per le partite in casa?

Incide moltissimo: è sempre stato il nostro fortino, siamo sempre stati una realtà legatissima al campo di casa. Lo sarebbe poi stato doppiamente quest’anno, con una squadra fatta tutta di ragazzi levantini e genovesi cresciuti da noi. Sono sicuro che ci saremmo portati già a casa qualche punto in più se avessimo potuto giocare a Recco perchè, di fatto, noi stiamo giocando sempre fuori casa: per le altre squadre sono la metà delle partite in casa e la metà fuori, mentre per noi quest’anno sono diciotto partite esterne. Quindi è sicuramente un fattore che complica ulteriormente la mancanza di esperienza e gli altri problemi legati alla poca confidenza con la Serie A: ci manca il sedicesimo uomo. Senza contare la mancanza dal punto di vista economico: il Carlo Androne non è Twickenham ma, tra biglietti e bar, in occasione delle partite per noi è sempre stato in ogni caso una fonte di sostentamento su cui contare e che ci viene a mancare, andandosi a sommare alla difficoltà generale dal punto di vista delle sponsorizzazioni e dei numeri delle giovanili.

Quali sono secondo te i punti chiave sui quali intervenire per l’anno prossimo?

Sicuramente riavere il nostro campo, per tutto quanto detto prima: i lavori dovrebbero essere fatti in estate e davvero lo speriamo tutti. Contestualmente, risistemare anche altre parti delle strutture, che sono rimaste un po’ abbandonate a loro stesse durante la pandemia. Per quanto concerne il club in generale, riuscire ad aumentare il numero delle persone coinvolte, sia per quanto riguarda gli atleti che lo staff e i genitori, serve che più gente torni o inizi a dedicare un po’ del suo tempo e del suo impegno alla Pro Recco Rugby. Piano piano stiamo lavorando sulle giovanili e sull’ambiente e un po’ alla volta qualche risultato si vede, ma l’allontanamento portato dal covid e l’abitudine che ancora fatichiamo a scrollarci di dosso di avere più tempo libero a disposizione, di uscire meno di casa, di fare meno cose rispetto a prima, ci sta facendo faticare parecchio. Ci teniamo moltissimo a questo aspetto, perchè in una realtà piccola come la nostra è sempre stato il vero propulsore di tutto e di tutto quello che siamo riusciti a fare e a costruire: se si sta bene in un posto è più facile che si decida di dedicarci del tempo, di dare una mano, di impegnarsi perchè sia tenuto e gestito bene e questo vale a ogni livello, dalla dirigenza alla pulizia degli spogliatoi, dalla club house alla cura del campo, passando per l’impegno di ogni bambino, ragazzino, ragazzo o professionista che calca il campo. Per quanto riguarda la Prima Squadra, lavoriamo e lavoreremo per fare il meglio possibile.

 

Emy Forlani – addetta stampa Pro Recco Rugby

(Foto archivio Pro Recco Rugby)